"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Un fotografo giramondo residente in Toscana
In Brasile, in piena Amazzonia, uno strano metodo di manutenzione di una barca di legno è stato il cardine per una composizione. E’ stato sufficiente aspettare che tutto, o quasi, fosse al posto giusto per creare una composizione fotografica equilibrata.
Ero su un reportage un po’ debole nei contenuti ma non lo sapevo ancora, poiché eravamo all’alba del secondo step, il secondo villaggio da visitare, lungo l’intricata rete di fiumi nella parte centrale dell’Amazzonia brasiliana; nello specifico il
L’ONG per la quale stavo lavorando ne aveva a disposizione un paio. Una attrezzata per l’assistenza medica, che come altre faceva ambulatorio nei villaggi, una di semplice trasporto di animatori/formatori, dove mi trovavo io.
Quella ONG italo/olandese gestiva un progetto di formazione di artigiani della fibra naturale. Attività tipica nei villaggi della foresta amazzonica.
Invece di intrecciare solo per le esigenze domestiche, grazie al loro apporto, uomini e donne dei villaggi,
Il mio compito era documentare l’attività, uno storytelling incentrato sul lavoro. Donne che tessono, mani che intrecciano, belle facce di “caboclos“, formatori che fanno lezione. Nel caldo pesantissimo di quella zona di Amazzonia, a portata di mano da Santarem.
I villaggi sono spesso vicino a specchi d’acqua per ovvie ragioni. Anche le grandi città europee son nate tutte vicino all’acqua, che è vita.
Nello specifico di abitati dove l’acqua corrente non è diffusa, al fiume ci si lava, si lavano i panni, si raccoglie l’acqua per cucinare e bere, coi rischi che purtroppo anche in quella zona si corrono.
Non ero ancora sceso dal battello, quella tipica imbarcazione fluviale amazzonica alta sul pelo dell’acqua. Stavo osservando con le mie Nikon al collo, vidi che quel signore stava portando la sua barchetta abbastanza a largo.
il sole dietro la nuvola lo vedevo, dalla mia posizione, esattamente sopra all’albero, quello si quasi in silhouette ma soprattutto con un bel riflesso sull’acqua.
Mi è accaduto anche troppe volte, e lo dico spesso ai miei studenti nei corsi di fotografia che regolarmente tengo, di trovarmici fronte ad un bel paesaggio, con una bella luce, ma c’è un elemento mancante.
La nuvolaglia era abbastanza scenografica, scopriva e copriva il sole. Già lo sapevo che mi avrebbe creato degli spazi bianchi, irrecuperabili con Photoshop. L’occasione era troppo ghiotta, il personaggio che spingeva a largo una barca vuota. Sembrava anche mesto, come se fosse il funerale del natante. Non lo pensai, non pensai nulla, solo aspettai che passasse dal punto giusto.
Solitamente scatto mentre osservo, specie se non riesco a capire quel che sta succedendo. Anche durante la classica sessione di street photography, illustrardo il viavai, non mi contento del primo scatto dove inquadro il primo passante. Proseguo finché quelli giusti passano nei punti giusti, talvolta lo faccio a raffica o comunque in forma continuata, scegliendo poi.
Si, mi sarebbe piaciuta più densità di nubi di fronte al sole. La macchia bianca è rimasta, fortunatamente non si nota troppo.
La storia si conclude con una sorpresa, il soggetto affondò l’imbarcazione !!! Sceso dalla mia andai, fotocamere a tracolla ed acqua a mezza coscia, a chiedergli spiegazioni. Era una misura cautelare per il troppo caldo, il legno rischiava di schiantarsi, invece cosi inumidito si sarebbe gonfiato. Ogni giorno se ne impara almeno una.