Spargendo foglie di coca. BOLIVIA

Spargendo foglie di coca al sole delle Ande. Simbologia e tecnica fotografica furono determinanti per il risultato.

Un senso del simbolismo e un sapiente uso del flash ha trasformato questa banale azione in una buona fotografia.Il soggetto sta spargendo foglie di coca.

E’ ancora il mio fotoreportage sui cocaleros che fu la ragione principale del mio secondo e inaspettato viaggio in Sudamerica. Mi ci ero già recato undici mesi prima, per tre fotoreportages in Peru. Andandomene pensai che chissà quanto tempo dopo ci sarei tornato. Nel giro di tre mesi divenne notizia internazionale l’elezione alla presidenza della Repubblica del sindacalista cocalero Evo Morales Ayma, il primo presidente indigeno.

C’era da illustrare la novità e fare degli approfondimenti, decisi di seguire il processo di produzione della foglia di coca,

sia perché è un pilastro dell’identità andina, sia perché l’anno precedente avevo imparato ad usarla. Non vedevo perché fuori da quell’area fosse così demonizzata…la cocaina è la lavorazione più artificiale che si possa fare  di un prodotto naturale dall’altissimo potenziale.

Far passare il concetto che la foglia di coca non sia cocaina qui in Europa è complicato

Ho terminato il primo ciclo scolastico nel 1974, a quei tempi il programma ministeriale prevedeva lo studio della geografia extraeuropea l’ultimo anno. In quinta elementare studiavamo che sulle Ande i montanari devono masticare la coca per l’atmosfera rarefatta. Per me a quell’epoca la parola coca era legata a cola e non m’ero mai chiesto da cosa derivasse…

Nei miei corsi di fotografia quando mostro questo reportage poiché storytelling ben riuscito, suscito istantaneamente battute sarcastiche

e interessi morbosi da “senso del proibito”. Come se avessi studenti cocainomani o amanti del trasgredire. Mi tocca far tutta la lezioncina di carattere antropologico. Ma quando dichiaro di far uso della foglia di coca sulle Ande, ho la sensazione che pensino si tratti di un’alternativa allo sniffo.

Armato di tutte le buone intenzioni del fotoreporter impegnato partii alla volta dli La Paz

dove mi aspettava Nelson Carvajal, un contatto/guida scaturito da quell’insieme di ONG ed associazioni politiche d’appoggio. 

Come sempre accade con le guide improvvisate, con tutta la buona volontà non era in grado di assolvere il suo compito. Al mercato della coca di Villa Fatima non riuscì aitrovarmi un produttore da poter visitare nella sua “chacra” nelle Yungas

Fu lui a trovare me dintorno ad un gelato di domenica pomeriggio sulla piazza di Chulumani, Yungas sud.

Abel Alarcon, sindacalista cocalero, spiegatogli il progetto acconsentì ad avermi trai piedi durante tutto il periodo della raccolta.

La prima giornata stetti con tutta la famiglia Alarcon a raccoglier foglie. Imparai anche il miglior metodo per il distacco dalla pianta. Iniziò dall’alba del giorno dopo una lavorazione a più fasi per ottimizzare la foglia per il consumo. 

Il primo step era spargerle al sole. Tutta la zona infatti aveva piazzole o intere strade ricoperte da uno strato di foglie ben distribuito al suolo. 

In quelle zone di mondo è la gente, specie in campagna, ha tanto spazio a disposizione.  Quello shooting era sullo spargere il raccolto su una superficie piana di 400 mq  a pochi passi dalla fattoria.

C’era il problema era che iniziava all’alba !!!

Altro lato positivo del Sudamerica è il trasporto pubblico. La scarsità di mezzi privati e la forte mobilità si traducono nel poter raggiungere qualunque posto a qualunque ora.

Alloggiavo alla Country Guest House. di Chulumani. Una quindicina di chilometri di distanza, mi bastò di uscire in tempo e salire su un taxi locale. I taxi in Bolivia sono economici anche per i boliviani…

Il lavoro era semplice. Alarcon, fratello e prole prendevano una manciata di foglie ciascuno e le spargevano sul terreno facendole cadere delicatamente curando che non si sovrapponessero…

il problema era rendere bello fotograficamente quel movimento.

La superficie di caduta era in ombra e loro volevano terminare prima che i raggi di sole arrivassero. Le foglie in caduta non erano molto fotogeniche. Bloccarle con un tempo veloce in scarsa luminosità, coi sensori di quei tempi, era rischioso.

Ricorsi al controluce col lampo di schiarita ed un tempo lento che è stato determinante per questo effetto “farfalle”

che suggerisce il movimento. Il personaggio in secondo piano e l’albero danno un’idea di mistero che impreziosisce la scena rimandano al fattore antropologico della foglia di coca.

Simbologia e tecnica fotografica furono determinanti per il risultato. 

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