"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Quando il digitale si stava avvicinando, ma restava facoltativo, a chi chiedeva la mia opinione rispondevo : “speriamo che nel mio settore arrivi il più tardi possibile”. Argomentavo questa considerazione col fatto che tale arrivo avrebbe aumentato il lavoro a parità di introiti. Questo il primo dei punti nel caso “pellicola vs. file digitale”.
Avrebbe cioè richiesto più tempo e più competenze in postproduzione. Competenze che fino a quel momento erano proprie dei grafici impaginatori.
Per collocare questo ragionamento nel tempo bisogna considerare che Photoshop è stato inventato nel 1990. La prima volta che una mia foto venne rielaborata in Photoshop risale a metà di quel decennio. Le prime digitali non reflex sono cominciate ad apparire nel mio mondo intorno al 2001. In Italia la prima Reflex digitale a prezzi accessibili è del 2004.
Mesi dopo, il risultato di altri scatti indoor e scarsa luminosità mi fece decidere di “passare al digitale” quanto prima.
In quei primi anni, specialmente prima del mio passaggio al digitale, il risultato del file lasciava leggermente a desiderare. Sebbene la quanttà di pixel nel sensore desse un effetto nitidezza superiore anche alle più nitide diapositive 35mm, il colore era un po’ falso. Il rumore era evidente e non c’era tanto da correggere in fase di scatto.
Dal 1999 al 2011 ho insegnato fotografia presso una grande associazione. Gestivo in proprio la comunicazione pubblicitaria che non variava mai, nel messaggio e nell’estensione territoriale. Dal 2005 gli iscritti cominciarono ad aumentare fino a divenire il 50% in più degli anni prima.
Degli amici più giovani mi rimisero in testa il bianconero con la pellicola Kodak TriX. Di bianco e nero “ne ho macinato tanto“, anche se non ho mai amato lo stare in camera oscura. Mi comprai pellicola e sviluppo, rispolverai la tank e le spirali, feci un test e lo sviluppai. Ottimo risultato, ovviamente.
La differenza unica che notai furono le macchie di calcare sul negativo.
Un mio conoscente affetto da adolescenza prolungata e pieno di se quanto lo sono i ragazzotti di provincia ai quali la vita sembra aver regalato l’assenza di problemi, ogni volta che lo incontro mi attacca il bottone de “la fotografia digitale mi fa schifo”. Durante la conversazione estrae una vintage a telemetro e fa qualche scatto neanche fosse H.C.B. Cerco di evitare questo tipo di discorsi.
Se per alcuni aspetti della vita penso sia bello il viaggio quanto la meta, per la fotografia penso che conti il risultato. Dopo vent’anni di fotografia digitale diffusa, un file digitale decisamente da un risultato migliore di una qualsiasi pellicola. Per gamma dinamica, per definizione, per bilanciamento tonale. Nel caso “pellicola vs. file digitale questo è determinante.
Inoltre la pellicola deve inserirsi nel flusso di lavoro digitale. C’è bisogno di uno scanner per trasparenze che varierà un po’ la resa chimica del colore dandole una sua propria interpretazione. Rimanegiabile in postproduzione con un’altra interpretazione.
Tant’è vero che Lomography ed altri progetti hanno lavorato sul lato artistico
Come dicevo prima ho una Mamiya C330 e due obiettivi. Apprezzo molto il lavoro che David Burnett fa usando il grande formato. Nei progetti c’è il riattrezzarsi con un banco-ottico mezzo formato, cedendo la Mamiya e riadattando le lenti e il portarulli.
Dal 2009 ho aggiunto qualche foto fatta con la Mamiya almeno a tre progetti. Un tempo avevo anche una Holga, ma il concetto di low-fi con la difficoltà oggettiva di mettere a fuoco a stima non mi soddisfaceva. Comunque un mio lavoro ha foto fatte con la Holga. In definitiva quattro volte in undici anni ho inserito la pellicola in lavori digitali.
.