Palermo e la cultura 2da parte.

La legalità è la bandiera di Libera. Don Ciotti è raffigurato nei muri di Moltivolti. Claudio afferma che adesso bisogna far passare il concetto che è normale fare uno scontrino, avere le carte in regola, l’agibilità.
Palermo e la cultura
Statua della Cattedrale di Palermo.© Federico Tovoli Photojournalist
Per le botteghe di Ballarò la normalizzazione dovrebbe tradursi nell’acquisizione dello status  di botteghe storiche. 

Moltivolti ha quell’atmosfera progressista in cui mi ritrovo poiché ci sono cresciuto. Le definizioni non rendono mai giustizia. Diciamo che qui nessuno dice niente se hai la cravatta la T-shirt disegnata  fuori dei pantaloni. Ci passo un paio di volte, ci si mangia bene, ci si fanno delle belle conoscenze. Sono interessato a sapere chi è l’autore dei “molti volti” che tappezzano i muri e di quelle pale mobili dipinte che rinfrescano la sala. 

Palermo e la cultura dell’accoglienza è un bel  concetto però so che per cultura locale bisogna estendere.  Fu capitale di un regno, è una città universitaria, capoluogo dell’isola più grande del Mediterraneo. I Pupi, Tomasi di Lampedusa e poi?

Fermarsi all’universalmente noto è l’antitesi del viaggiare per raccontare. Un po’ di ricerca online, un assemblaggio di testi altrui, foto srubabcchiate in rete ed ecco il reportage, dalla scrivania. 

Senza scoprire, conoscere, metterci la personalità, la testa e il cuore, senza fare incontri, senza bere una cosa con sconosciuti che generano altri spunti. Insomma, non lavorerei mai cosi. 

Palermo e la cultura
Gente del centro storico © Federico Tovoli Photojournalist

Claudio mi passa il contatto di Igor Scalisi Palminteri, artista e autore delle opere di Moltivolti. Ci vediamo nella sua  casa-studio, come me ha opere di amici appese ai muri. Look un po’ “centrosociale”, mi spiazza appena inizia con la storia della sua vita: dai 20 ai 27 anni è stato frate francescano !!! 

Ha lasciato per vivere la vita, metter su famiglia. Non era la sua strada anche se contraddittoriamente dice che era convinto di fare il frate. Seguì il suo 51% e si iscrisse in Accademia frequentandola vestendo il  saio. 

Adesso fa l’artista full time. L’arte è il suo sostentamento: Workshop, quadri, murales. Dipinge coi ragazzi in qualsiasi posto della città. Lavora in luoghi disagiati per alzare attraverso l’arte il livello delle aspettative di adolescenti in condizioni difficili. Ha nei progetti aprire a Ballarò un laboratorio di pittura a questo scopo. 

In altro ambiente ho modo di conoscere un’altro personaggio singolare. Ludovico Gippetto, Extroart. Di mestiere è nella direzione del Museo Riso. Extroart e Wanted sono le sue creature. Con la prima nell’Oratorio Santo Stefano Protomartire ha creato uno spazio per giovani artisti, Col secondo progetto, Wanted, s’è inventato una forma creativa di pubblicizzazione delle opere rubate. Afferma che il furto d’arte sia l’attività illegale più redditizia dopo la droga. Si inventò le cartoline con l’opera rubata, grazie a questa diffusione  ci son stati dei recuperi.

E’ un tipo molto entusiasta del suo operato, Extroart, la sua creatura più datata, lo rende particolarmente felice. L’oratorio è in pieno centro storico. Era un luogo dismesso e con l’associazione da lui creata le mostre iniziarono quando ancora c’erano i ponteggi. Tutto avveniva in trasparenza, in modo che la gente potesse vedere l’avanzamento dei lavori e nello stesso tempo le mostre.

La mission è da chapeau. Di poco posteriore alle stragi del 1992:   “La cultura  abbatte la mafia” dice “per noi è impensabile che chi apprezza l’arte possa far male a qualcuno o pensare di delinquere”. Rimarca . 

Grazie a lui vengo a sapere di un po’ di eventi in città. L’artista Micol Assael inaugura al Riso. E’ occasione per vedere un po’ di gente, saperne un po’ di più, rimanere però titubante sui messaggi criptati nelle opere, se c’è bisogno di spiegarli a voce…

Carlo Lauricella, ex professore dell’Accademia espone  all’Albergo delle Povere. Rifiuta invece la didascalia poiché sarebbe riduttiva della fantasia di chi va a guardare. 

Si mette in gioco in prima persona. In uno spazio vuoto all’interno della struttura si carica in spalla gonfiabili da mare. Mima una difficoltà nel camminare, due o tre volte capitombola e si rialza. Il tema migranti e naufragi è ovvio. 

Di nuovo la Palermo accogliente. Come dice Orlando riferendosi ai migranti in un’intervista al Guardian : ” il peggio è passato, adesso siete a Palermo”.

Il DNA multietnico cittadino lo ritrovo anche in quei vicoletti della Kalsa, dove alcuni bar a  “fanno aperitivo” informale. Dopo venti saracinesche chiuse c’è musica e gente e si può bere nella frescura serale .

Appartato invece in un punto anonimo, in un’edificio esternamente disastrato c’è la Biblioteca Francescana ed è un convento del tredicesimo secolo. 37000 volumi e un pavimento in maioliche azzurre che da solo varrebbe la visita. Ma qui non è aperto al pubblico. La Biblioteca con annessa Officina di Studi medioevali  affianca una casa editrice la Mediaeval Sophia che si occupa di collane di filosofia antica. C’è un legame accademico col mondo ebraico, arabo e greco, i testi hanno l’originale  a fronte. Nella sede si insegnano lingua e cultura araba, l’ebraico biblico e al greco bizantino. Non riesco bene ad intuire se sia materia per eruditi o sia un avvicinamento anche alla parte moderna di queste culture. 

La fuori oltre le strade delle saracinesche chiuse,  si aprono piazze che contengono altre preziosità, la galleria d’arte moderna di Palazzo Zino, che ha anche un’area espositiva a quei Cantieri culturali alla Zisa, altro spazio di avanguardia creativa a taglio giovane. La chiesa dello Spasimo e i suoi giardini con la rassegna di Cinema Mediterraneo, Santa Cecilia con la scuola di Jazz. 

“Palermo spacca” diceva alludendo a quanto fosse vivace la città un mio conterraneo che ci mise radici sentimentali . Questo viaggio me lo sta confermando. 

Certo, la cultura e la storia si respirano per strada, l’impronta civile “antimafia” è una realtà, l’accoglienza verso i nuovi immigrati è encomiabile.

C’è anche la cultura del food. Sembra che il cosiddetto street food in Italia sia partito da qui, leccornie per strada se ne trovano in quantità. Dal tradizionale pani ca’ meuza e i suoi pentoloni, all’elegante van la sera a La Cala. Dagli spiedini di mare sulle bancarelle della Vucciria ai cannoli e cassate in ogni pasticceria. 

“Cammina per strada e fermati dove ti capita a mangiare” diceva Orlando : “Un cambio culturale pure questo, prima c’erano cinque ristoranti dove si pagava molto e servivano per farsi vedere.” Non mi stupisco che la maggior parte dei giovani palermitani abbia votato per lui. 

Il food farà anche lavorare tante persone, i mercati già un po’ meno, l’arte si sa che spesso è per la gloria. Tutta la complessa ed intrigante cultura locale potrà essere volano per generare lavoro?

La risposta la trovo con Alab, un marchio che spunta da un po’ di laboratori sparpagliati a la Kalsa ed oltre. Dentro ci sono creazioni d’ogni tipo: borse di cuoio, orecchini fatti con camere d’aria, Raku, borse col tessuto delle vele,  lampade fatte coi telefoni a disco o con le caffettiere bruciate. C’è persino una strana legatoria che usa la carta alimentare con la quale si avvolgono pesci e frutta al mercato. 

Creatività, riciclo, sono tutti giovani, cioè trai venticinque e i quaranta, hanno percorsi diversissimi e sono in questa associazione di “liberi artigiani e artisti”, come declina l’acronimo. Per molti è un’opportunità contro l’emigrare, per altri è stata una ragione per tornare. Hanno di fatto ricreato l’artigianato del centro storico, provando a dar nuova vita a quelle vie, mettendoci il proprio estro, la creatività del pezzo unico, non tutti dichiarano di riuscire a viverci ma ci stanno provando.  

Alcuni di loro partecipano anche a Smoda, l’annuale défilé della moda creativa in scena sulle scale del grande palazzo della Posta di via Roma. 
Palermo e la cultura
Preparativi per Smoda il défilé di moda “indie”. © Federico Tovoli Photojournalist

Un evento che mobilita oltre cento persone legate al fashion  “off”, “indie” fuori dal circuito dei brand internazionali.  Stilisti locali che usufruiscono della classica rete di contatti che una città stimolante genera. Modelle, parrucchieri professionisti, band e services, tutto all’altezza. Portano in scena le tematiche attuali, l’immigrazione e la multietnicità, l’inquinamento e il riscaldamento globale. Una maniera di parlare del presente in un ambiente culturale fervido e aperto alla creatività.

Un aspetto che non avevo considerato nel concetto di trasversalità delle culture è il mondo LGBT. La Sicilia si porta dietro uno stereotipo maschilista in cui l’omofobia si pensa scontata. Il cinema italiano e la letteratura verista dipingono il maschio siculo come dominante su una donna succube: delitti d’onore, rapimenti a scopo matrimonio… con un simile  background si pensa che l’omosessualità sia ancora un tabù.

Non è così e a Palermo si celebra il pride più grande del Mediterraneo. C’è di più. Il primo locale festival gay risale al 1983. Di quel periodo è anche la fondazione dell’ARCI-gay nazionale, proprio qui in città.

In pieno centro c’è un locale LGBT che ha 23 anni di storia, l’Exit. E’ fra il Teatro Massimo e il Politeama, abbastanza vicino ad una chiesa dal cui pulpito gli arrivavano gli anatemi. Gaetano Marchese, proprietario, è fra gli organizzatori del pride. Racconta che il primo anno tenevano le porte chiuse e vennero immediatamente bollati come “locale dei froci”. Per non “ghettogayzzarsi” decisero aprire tutto come un normale bar. Inizialmente subirono lanci di uova e insulti poi tutto divenne così normale che un lancio dopo tanti anni dall’ultimo è terminato con una risata. 

C’è anche una unione civile che s’è guadagnata la prima pagina:  quella di Elisabetta Fiasconaro e Donatella Cinà. Vivono in centro storico in una casa con terrazza adiacente al Palazzo d’Orleans. Sulla mezza età, titolari di una casa di produzione di audiovisivi, le ha unite civilmente Leoluca Orlando in una cerimonia dove tutti vestivano di bianco e loro di rosso, auspicio di buone energie. La loro storia è sempre stata accettata da tutti, dopo l’Unione hanno ricevuto gli auguri da moltissimi sconosciuti. 

Palermo e la cultura
Palermopride. © Federico Tovoli Photojournalist
Ritrovo queste persone nel Palermopride, che da piazza Marina percorrerà tutto il centro in una affollatissima e coloratissima festa dai suoni techno degli altoparlanti sui tir. C’è tutta la città progressista in piazza in un caldo sabato di Luglio, non è una celebrazione dell’orgoglio gay fatta solo da loro in faccia ad una città silenziosa. A me ricorda quella Love Parade che fotografai a Berlino a fine secolo. Effettivamente è abbastanza “love” pure questa come parade, ho visto e fotografato tanti e poi tanti baci per strada durante la sfilata, non importa fra chi, siamo nella città dove la cultura è accoglienza, una città che non sembra più né Beirut né gli stereotipi del passato. 
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