"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Uno scatto semplice e un po’ di confidenza col soggetto per non far sempre quella foto che tutti si aspettano di vedere. In altre parole oltrepassare le immagini stereotipate
“C’è troppa concorrenza” sembra non si possa più dire. Non è totalmente appropriato, ci sono milioni di immagini che girano e a prezzi stracciati. Se uno non personalizza è penalizzato.
Se la fotografia digitale ha risolto un bel po’ di problemi tecnici, ha anche aperto la strada al neofita che, con una reflex o uno smartphone riesce a produrre immagini tecnicamente passabili che però son vista e riviste. Talvolta questa figura, se un po’ dentro al mondo della fotografia, invece di ispirarsi ad un autore cerca di imitarlo.
Il look è lo stesso che si trova nelle campagne del Valle Sagrado e lungo tutte le Ande. Mai e poi mai ho visto agnellini vestiti come cagnolini da salotto o lama tenuti a guinzaglio come levrieri. Quelle signore sono li per alzare un po’ di soldi facendosi fotografare. Ill fatto che per dieci anni ci siano state significa che
Ricordo un battibecco su una rete sociale con una non fotografa indignata perché un ragazzino apparentemente molto piccolo, africano e nudo stava accovacciato sulla nuda terra. Per lei quell’immagine era “fame nel mondo”, Non era da escludersi ma non essendoci alcun altro riferimento visivo poteva anche essere altro . Ad esempio poteva star giocando o dormendo, in un tranquillo villaggio.
Il campesino delle Ande, ad esempio, lo si pensa vestito miserevolmente, accigliato, un po’ schivo. Oppure lo si crede in abiti tipici, perennemente col chullo in testa e il poncho addosso. Se ha una moglie accanto vale la stessa logica, deve portare un agnellino agghindato come non esiste nella realtà.
Ho sempre apprezzato il lavoro delle O.N.G, la cooperazione allo sviluppo è un investimento sul progresso
Certo non esiste l’isola felice, in tutta la mia frequentazione sudamericana mi sono imbattuto in progetti totalmente inutili che servivano esclusivamente a mantenere la struttura della Onlus stessa. Mi son trovato a richieste assurde o affermazioni stupide capaci di spoetizzare qualsiasi idealità da parte di “capo-progetto” o “desk” che appoggiavano il mio reportage.
Pamparomàs è nella regione Ancash. In una zona montagnosa tecnicamente detta costiera poiché è il versante andino che guarda il mare. Vi era in corso un complesso progetto di sviluppo gestito da una ONG italiana. C’era da fotografare una campagna di educazione alimentare, una di sviluppo agricolo, una sull’artigianato della lana di alpaca.
Bisognava illustrare la vita contadina perché, pur essendo ritenuta utopica da parte della O.N.G stessa, la controparte locale voleva investire su una sorta di turismo in fattoria. Come avrebbe dovuto essere l’agriturismo in Italia, quando uscì la legge.
Questa famiglia viveva in un “caserio” abbastanza fuori paese. Lui tesseva al telaio tradizionale, usando strumenti tutti in legno. La cucina era di quelle tipiche andine, al chiuso e senza sfiatatoio. Erano belle persone, inoltre da quelle parti la gente è abituata a mettersi in posa nelle occasioni serie.
Però volli personalizzare, cercando di oltrepassare le immagini stereotipate.
Una tecnica che usavo fotografando i gruppi classe.
Coinvolgere il soggetto in un vortice di attenzione, staticità, adducendo scuse banali come il rischio di mosso indi sparigliar le carte facendo una battuta per far scoppiare la risata.