L’ultimo ponte sospeso Qeswachaka

Qeswachaka. L’ultimo ponte sospeso

L'ultimo ponte sospeso.
Costruito totalmente in fibra naturale, il ponte di Qeswachaka sul fiume Apurimac può resistere giusto un’anno. / Federico Tovoli Photojournalist
Perù. Ogni anno nel mese di Giugno, gli abitanti di quattro villaggi ricostruiscono con tecniche precolombiane un ponte sospeso sul fiume Apurimac. E’ l’ultimo ponte sospeso sopravvissuto dall’epoca degli Inca . E’ un suggellare l’identità culturale andina

La strada che da Cuzco porta  al  Titicaca non è altro che l’antica strada Inca detta Qollasuyo. Adesso è una nazionale percorsa da camion e sempre più da auto locali. Solcata dai  bus  turistici da pacchetto completo. Quelli che  fra Cuzco e il mitico lago  sostano al Tipon, ad Andahuaillyllas, Raqchi e Pukarà. 

Ma quelle montagne dove sono rari gli alberi. Quei grandi spazi che sanno di lontananza e di mistero, hanno tanto in più da raccontare.

Non molto distante dal sito archeologico di Raqchi, ad occidente, quelle colline di solo erba e di gente col volto riarso dal sole sono le antiche terre di Tupac Amaru, il “cachique mestizo” protagonista principale di una delle ultime rivolte indigene. Martirizzato è  divenuto un mito. 

Ma c’è dell’altro: Gli Inca erano ottimi ingegneri. Famosi per gli incastri perfetti delle pietre e per il Qapac-ñan, la funzionalissima rete di strade che univa l’impero. 
L'ultimo ponte sospeso.
Una fase, l’ultima, del rituale preliminare in cui i sacerdoti andini chiedono agli Apu delle montagne di vegliare sulla costruzione del ponte. / © Federico Tovoli
Talvolta  le strade devono anche superare i corsi d’acqua, per questo l’uomo si inventò i ponti, costruiti talvolta in materiale elastico e resistente. I cosiddetti ponti sospesi, come quello di Qeswachaka,

In questo sperduto angolo della Cordigliera delle Ande lungo un tratto dell’antico Qapac-ñan.

L’abitato più vicino si chiama Quehue, classico villaggio “non turistico”, poche strade di architettura povera. Uso corrente della lingua  quechua e dell’abito tradizionale femminile.

Povera non è l’architettura del ponte di Q’eswachaka sospeso sopra l’impetuoso fiume Apurimac. 

Se lo inventarono anonimi architetti Inca, ottimizzando le risorse di allora, materiale locale e manodopera in abbondanza. 

Dopo mezzo millennio la tecnologia è sempre la stessa. Quel  sapere antico così tramandatosi per generazioni e la ricostruito annualmente, hanno conferito al ponte lo status di  Patrimonio UNESCO.

Per l’amor del vero bisogna dire che la strada per raggiungere il ponte è una carrozzabile qualsiasi. Inoltre a meno di due chilometri di distanza c’è un altro ponte metallico che dagli anni settanta sopperisce alle necessità del mondo moderno. 

Però quel ponte sospeso sul canyon dell’Apurimac è un baluardo dell’identità culturale andina.
Ogni anno nel mese di Giugno le quattro “comunidades campesinas” prossime al ponte si riuniscono in una gigantesca Minka che è ricostruirlo, grazie all’antico sapere.

Forse fu l’intuizione di quegli antichi architetti, forse lo appresero direttamente dagli abitanti locali . il Quichu , quell’erbetta fine che ricopre le montagne in zona  ha una forte fibra. Se lavorata bene può sostenere carichi pesanti, può sopportare il duro clima andino per un anno e più. 

Il lavoro inizia falciando l’erba fuori casa, tutti gli abitanti delle quattro comunità sono tenuti a  farlo; l’erba poi va messa a macerare, l’acqua sulle Ande non manca, dopo inizia un duro lavoro di avvolgimento. 

Ci vuole forza e pazienza per raccogliere fasci d’erba bagnati  e premerli energicamente fra le mani  poiché si amalgamino. Bisogna farlo con la sinistra in una direzione e la destra in un’altra. Tendere la corda appena si sta formando. Un lavoro duro che ogni “comunero” fa a casa propria, per consegnare poi quaranta “brazadas” come apporto al lavoro collettivo. 

La strada che da Quehue raggiunge il ponte è una buona carrozzabile, però i comuneros spesso ci arrivano attraverso sentieri scoscesi, probabilmente precedenti ad essa. La usano per il suo spazio per  la complicata opera del misurare, tendere, controllare la qualità del cordame.

L'ultimo ponte sospeso.
I comuneros portando i cordoni principali verso il ponte© Federico Tovoli Photojournalist.

Ma c’è chi al lavoro c’è già da almeno un giorno. Sono i sacerdoti andini. Come in ogni comunità umana c’è sempre chi si occupa di far da tramite fra il materiale e l’immateriale. Quei  sacerdoti hanno già cominciato da un giorno a chieder la protezione degli apu delle montagne. 

Gli spiriti dei vari picchi che circondano il ponte saranno i supervisori poiché tutto vada per il meglio.

Per farlo il sacerdote andino compie un complesso rituale di offerte, messaggi e purificazione. Tutto a base di foglie di coca, feti di lama, mais ed alcool. Fondamentale è un fuoco acceso e una “mesa” ( tavolo simbolico, su cui si pongono le offerte), in funzione accanto al ponte per tutta la durata dell’opera.

Dopo un anno sul canyon il ponte è nettamente provato, i cordami sono sporchi e logori e il pavimento ha alcune buche, solo qualche impavido si azzarda ad attraversarlo. 

La minka del ponte ben presto assume le caratteristiche di un lavoro allegro.

Col classico bolo di foglie di coca in bocca e l’apporto della “chicha de jora“, i comuneros ridono e scherzano mentre organizzano il cordame per decidere quale trasformare nelle cime portanti. Un lavoro, questo in cui serve la forza di tante braccia. Bisogna unire ed avvolgere insieme decine di corde per creare le cime.

I campesinos se la ridono facendo il tiro alla corda, perché il materiale sia ben teso e resistente.

Lungo tutte le Ande la donna veste quotidianamente l’abito tradizionale, l’uomo è quasi sempre vestito “normale”. Al Qeswachaka già dal primo dei tre giorni dell’evento anche gli uomini vestono abiti tradizionali.

Il primo giorno si conclude coi pesanti cordami che dalla strada carrozzabile  vengono portati in basso verso il ponte, il nucleo centrale del secondo giorno  è l’abbattimento del vecchio ponte, ma prima, con un sistema a sagolini, le cime hanno raggiunto l’altra riva. Con un gran tonfo Il vecchio ponte cade in acqua, le cime nuove adesso uniscono le sponde. Assicurarle ai vari perni di pietra sulle due rive è un pesante lavoro di squadra.

Dopodiché, il terzo giorno, inizia l’opera  di rifinitura ed entra in campo l’ingegnere andino.
E’ un contadino locale che  a fare le legature e le rifiniture del ponte l’ha imparato dal padre che l’ha a sua volta imparato dal padre e così via.

Dopo aver supervisionato la fase dell’attacco delle cime ai perni inizia a lavorare con due squadre di aiutanti.

A cavalcioni al ponte, lui da un lato, un aiutante dall’altro, cominciano ad unire le corde piccole alle grandi per fare pavimento e pareti.

Le cime cominciano a riempirsi di piccole corde, le due squadre si avvicinano sempre di più, un lavoro di due ore al massimo e poi un grido in quechua :”missione compiuta”.

L'ultimo ponte sospeso.
Turisti e visitatori sul ponte di Qeswachaka appena ricostruito./ © Federico Tovoli Photojournalist
Adesso sull’Apurimac c’è un ponte sospeso nuovo di zecca nel suo candore, che unisce due sponde e due culture, quella locale andina e quella universale.

Link utili

https://www.promperu.gob.pe

https://www.peru.travel/es/datos-utiles/iperu

https://www.lonelyplanet.com/peru/activities/inca-bridge-of-qeswachaka-private-service/a/pa-act/v-100461P19/363383

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