No limits ? Linee che creano dubbi

No limits? Linee che creano dubbi
Una sedia a rotelle, richiamo visivo fortissimo, accentuato dal bianco e nero e inserito in un gioco di linee e di fughe che creano un dubbi interpretativi

Questa fotografia  fa parte del mio secondo reportage sugli sportivi disabili che sarebbero andati all’olimpiade invernale di Ivrea, anno 2006. Non è più online da un pezzo. 

Siamo al lago di Varese. Il personaggio in questione, che praticava diverse discipline,stava aspettando che gli portassero la sua canoa per fare una pagaiata. 

Non fu un bello shooting quel pomeriggio. Il tipo era molto introverso. Contrariamente ad una passeggiata in cui avrei potuto fotografarlo nella vita quotidiana in giro per la città, si limitò a farmi fare un tour in auto per le strade di Varese. 

Uno storyteller ha bisogno di immagini variegate per costruire il racconto. Era un accordo con l’agenzia fotografica con la quale lavoravo allora.

Dovevo inventarmi immagini buone da portare a casa.

Si sa però che l’Italia è un paese verticale. Cinque generazioni fa gli italiani non esistevano. Gli italiani sono molto più simili fra di loro dagli anni novanta in poi.

Nella provincia del nord la gente è più chiusa, nel grande sud è anche troppo aperta.

Quel signore poi, aveva perso le gambe dalla coscia in giù il giorno del suo 22esimo compleanno. Quando lo incontrai aveva 47 anni e aveva perso da poco il suo lavoro ufficiale. nel ramo tessile a causa della prepotente irruzione cinese in quel mercato. 

Posso capire dunque che non avesse poi tutto questo piacere nel farsi vedere in giro con un tizio che lo fotografava. 

Parte del reportage era progettato in bianco e nero, doveva essere cosi la vita reale mentre l’attività sportiva a colori.

L’avevo già fatto con quelli che andavano ad Atene nel 2004 lo stavo riprendendo  nel 2006. 

Il problema in quel caso  era che non avevo immagini della vita reale tranne qualche foto scattata all’interno della sua monovolume e in un bar del circolo canottieri, dove in quel momento eravamo solo noi e la barista. 

Quel contesto mi parve perfetto, inoltre, siccome il bianco e nero, essendo l’assenza del colore evidenzia forme e contrasti.

Quel minimalismo dato da una linea d’orizzonte ed una fuga prospettica al centro, interrotta dalla testa del molo  sarebbe stato un’ottima composizione. Linee che creano dubbi

Lo scatto fu semplice, non ricordo se pellicola o fotografia digitale poiché ero ancora in fase di transizione. 

Ho sempre lavorato con due fotocamere per avere su un corpo uno zoom grandangolare e sull’altro uno zoom tele. Questo per non essere sguarnito mai davanti a quel che mi si presenta e interpretarlo come meglio credo.

Quell’anno avevo investito su una fotocamera digitale Nikon D100 ed aspettavo altri introiti per accantonare la fotografia analogica.

Però specie per la velocità i sensori di allora non erano molto affidabili e conveniva non abbandonarla del tutto la fotografia analogica. Ad esempio per registrare il RAW ci mettevano quel tot di tempo per cui un’inquadratura veloce veniva tagliata. Poiché fra il click e la ricomposizione in scheda era passato quel tempo in cui il soggetto s’era mosso- 

Se ben mi ricordo questa foto è in pellicola, il bianconero Kodak che andava nel C41 lo stesso laboratorio di Photofinishing scansionava in maniera complicata. 

Nel caso specifico la composizione fotografica era essenziale, quattro linee e la carrozzina in mezzo, luce diretta solare tradotta in toni di grigio. Un minimo di sfondo, stop.

C’è da parlare in questo caso di lettura complessa

Il personaggio sembra guardare verso l’orizzonte.

Io lo so quel che stava facendo, solo aspettava che i ragazzi del circolo dei canottieri gli portassero la canoa. Ma chi non sa nulla che pensa di questa fotografia?

Si percepisce la forma, in questo caso regolare e composta da linea d’orizzonte e fughe tronche del molo. Però è evidente ad altro livello l’acqua, che di per se è un limite al naturale spostamento umano. Del molo se ne vede distintamente la fine, quindi un ulteriore messaggio di limitazione.

Poi c’è la sedia a rotelle, elemento che sembra gridare limitazione, un minimo di osservazione in più e si nota che il personaggio è privo degli arti inferiori. Questo visivamente è un rafforzativo. 

Quindi tutto l’insieme lancia  un messaggio che potrebbe definirsi di riflessione o di constatazione.

Non certo di quella sorta di onnipotenza e di riscatto che lo sportivo disabile stava cominciando a trasmettere in quegli anni. 

Un molo e un lago, in bianco e nero o a colori, col molo che punta verso l’orizzonte. Se “ci metto” un personaggio sulla sedia a rotelle dico: ” più avanti di li non può andare ma lo vorrebbe”. Se invece tolgo la sedia a rotelle e ci metto un soggetto in piedi anche in controluce e vestito da praticante di sport dico : adesso si tuffa. 
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