"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
"Nessuno nasce IMPARATO
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TUTTI STIAMO IMPARANDO"
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Nei paesi andini la forte identità culturale è palpabile. Sulla catena montuosa che percorre tutto il Sudamerica, finché la densità di popolazione non è scarsa , cioè fino agli inizi della Patagonia, tale identità si manifesta con l’abbigliamento, la lingua, l’artigianato e le feste e manifestazioni tradizionali.
Il poter veder tutto questo semplicemente visitando Cuzco, Pasto o Oruro ha una ragione legata alla storia dellla colonizzazione .
Più a nord, Canada e USA. Più a sud , Cile, Argentina e Uruguay. I nativi sono stati sottomessi con la forza in un chiarissimo tentativo di annientamento.
Le guerre indiane a nord sono state narrate con chilometri di pellicola. In Argentina la nazionalizzazione della Patagonia è nota come “conquista del deserto“. Una storia simile a quella degli USA col destino manifesto. In Uruguay i nativi vennero massacrati, il Cile non ha ancora totalmente risolto la questione Mapuche.
Tralasciando Caraibi, Guayane e Brasile, decisamente altre storie, possiamo dire che la parte centrale del subcontinente abbia seguito un processo integrativo diverso.
Se i nativi del nordamericani e quelli a sud del Gran Chaco erano tribù nomadi, Aztechi , Maya ed Inca, governavano imperi.
Quel che si tentò fu un divide et impera. Col miraggio di un oro di cui la corona spagnola aveva un disperato bisogno. Pizzarro si inserì in una lotta di potere fra fratelli. Sbaragliò l’intero impero Inca che si contendevano. Ma in qualche maniera mantenne integri i privilegi nobiliari. Il primo intellettuale del Sudamerica è l’Inca Garcilaso de la Vega nobile meticcio.
Queste radici storiche sono la ragione dell’identità culturale mai morta, seppur tenuta in scarsa considerazione almeno fino all’epoca moderna. Se sopra a Tijuana e sotto a Villazòn la maggior parte delle persone non è indigena, nel “cuscinetto” è l’opposto. I secoli hanno portato ad un meticciamento e l’era moderna ha generato un progressivo riconoscere l’identità culturale autoctona. Ecuador e Peru riconoscono il Quechua come lingua ufficiale, il peru anche l’Aymara. La Bolivia riconosce ben 22 lingue ufficiali !!!
recandosi in zona , fra Colombia meridionale e nord Argentino ci si rende conto è uno stereotipo ma non del tutto. Il nativo vestito abbastanza cosi vive in zone rurali isolate usando il lama come in Europa si usava il mulo.
Ma non sta quasi mai chiuso in casa. Nei centri grossi delle Ande s’è un po’ globalizzato, solo la donna veste l’abito tradizionale come abbigliamento giornaliero.
Il poncho non è più così diffuso. Il villaggio globale mischiato al progresso che dappertutto c’è ( il tempo non si ferma malgrado certi documentari pomeridiani in Tv affermino il contrario) hanno ridotto ai minimi termini i suonatori di charango.
Più facile vedere orchestre di ottoni o gruppi elettrici che suonano rock andino, o folk rock o altre declinazioni commerciali…ma i motivi son sempre quelli andini, anche in questo modo si afferma l’identità culturale davanti al cambiamento dei tempi.
Frequentando per una decina d’anni questa parte di mondo sono arrivato alla conclusione che questo tipo di eventi si somiglia lungo tutta la Cordigliera. Musica, costumi, dinamiche, strumenti, personaggi; dal sud della Colombia al nord argentino è un po’ sempre la stessa cosa.
Se il primo è una ricorrenza annuale boliviana, la danza de tijeras è un qualcosa di singolare legato a ricorrenze private e pubbliche alcune più tradizionali di altre.
Solo i danzaq, (cosi si chiamano i ballerini e vedremo perché sono una sorta di eletti) la ballano. Tengono nella destra e non lasciandole mai un paio di grosse cesoie appositamente forgiate all’uso. Hanno i segmenti indipendenti e vengono sorrette come si è soliti fare con le bacchette da cibo asiatico. In questo modo agitandole producono un suono metallico mai monotono e a suo modo inquietante.
Quasi come i numeri dei calciatori, chi danza non è un qualsiasi Raul Montoya o Jimmy Quispe. La danza de Tijeras la balla Lucerito o Pachal Cachi, nicknames alter ego o…forse, spiriti in loro. Sono nella vita taxisti, minatori, cuochi, muratori, campesinos ma depositari di quell’arte trasmessa da padre in figlio. Vengono tutti dalle regioni Ayacucho, Apurimac e Huancavelica. La zona Chanca delle Ande peruviane.
C’è chi sostiene che i soprannomi, o meglio i “nomi di battaglia”, siano nomi propri di spiriti protettivi. Cercando documentazione per questo testo non ho trovato grandi riscontri però potrebbe esser vero, visto che…
Nella bellissima novella “l’agonia del Rasu-ñiti,” Jose Maria Arguedas , pietra miliare della letteratura peruviana, centra in pieno il tema facendo intervenire quelle forze naturali in cui dominano sole e Wamani, lo spirito della montagna che si presenta in forma di condor.
La storia si svolge in uno di quegli abitati delle valli andine che ancor oggi esistono. Case dove sacchi di patate, velli di animali e porcellini d’india stanno nelle stanze dove si mangia e si dorme. Natura agreste dintorno
“Pedro Huancayre, il danzaq Rasu-ñiti, la cui presenza si aspettava e quasi si temeva ed era la luce delle feste di centinaia di villaggi”
Sta per esalare l’ultimo respiro. Decide di farlo danzando, il sole è presente in cielo e che Wamani aleggia su di lui.
Nell’incertezza dell’origine della danza si dice da più parti che provenga dai Tusuk Laykas, sacerdoti dell’epoca inca che praticavano l’arte dell’indovinare.
Varie fonti continuano spiegando come forse la danza sia una sorta di compromesso. Non riuscendo a sradicare del tutto le pratiche dei Tusuk Laykas i conquistadores promisero loro di cessare la persecuzione a patto che ballassero per le feste religiose cattoliche.
Nel Peru moderno lo sciamanesimo è diffuso sia in città che nelle campagne. Uno dei primi miei lavori fu su questo tema Uno degli sciamani più noti della Huaringa era l’unico a possedere due automobili nella valle dove non esistevano altre auto private…
In un Peru degli anni duemila la danza de tijeras è composta da elementi più europei che autoctoni, il gruppo base è composto da danzante, violinista e arpista, gli strumenti sono arrivati con la “conquista”, la parola quechua danzaq deriva da una parola latina, i passi di base sono simili ad alcuni passi europei, alcuni trovano una similitudine fra il costume del danzante e l’abito del torero.
Il gruppo Rock La Sarita, l’unica band “giovane” che si dedichi ad una contaminazione fra generi nel novero dell’identità culturale, ha fra gli attivi anche due danzaq che ballano sul palco in una patchanka di giri di basso e intermezzi rap nel pezzo Carnaval
La mayordomia, clan familiare che si incarica della gestione di una festa nella zona in cui risiede, ingaggia i danzanti scegliendoli fra i vincitori di altre feste.
Come in Messico anche in Peru il giorno dei morti si celebra facendo festa sulle tombe, tenendo cioè compagnia ai defunti con quel che più piaceva loro.
Nella vallata in cui abusivamente s’è venuto a creare un immenso cimitero, gli andini residenti a Lima, tutti i poveri immigrati che vivono nell’enorme zona popolare della periferia della capitale, celebrano una festa enorme coi propri defunti . A chi piacevano tanto i Danzantes gliene portano uno o due.
Lima è una metropoli di quasi dieci milioni di persone composta da settori praticamente divisi fra di loro. E’ la capitale di un paese dove non esiste il razzismo, almeno