"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
"Nessuno nasce IMPARATO
anzi...
TUTTI STIAMO IMPARANDO"
Un fotografo giramondo residente in Toscana
Un fotografo giramondo residente in Toscana
A Belen nacque Gesù Cristo e dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano è zona di conflitto, fra Israele e Palestina.
Belen significa Betlemme in spagnolo ed è toponimo molto comune nel mondo ispanofono. In Peru la più famosa Belen è nell’area urbana di Iquitos, regione di Loreto, amazzonia settentrionale.
Praticamente durante la stagione delle piogge ci sono tre metri d’acqua. Quelle povere case se non sono su palafitte, galleggiano grazie ad un sistema di gavitelli ed ancoraggi.
ma se lo si deve fare “hay que tener mucho cuidado”, dicono tutti ad iIuitos, c’è da fare molta attenzione. Sarebbe: non portare bracciali o altre cose di valore, nascondere lo smartphone etc..
Se lo si fa in stagione delle piogge è più sicura. Si può infatti non sbarcare e girare le vie d’acqua con barche turistiche.
C’è un alto tasso di prostituzione infantile, una delinquenza generalizzata, ricettazione, droga, tutto il peggio dell’illegalità cittadina sta li. Inoltre servizi igienici assenti, mancanza di acqua pulita, corrente e potabile. Malattie che proliferano.
Belen esiste dagli inizi del novecento ma solo dagli anni novanta si sono moltiplicati gli interventi pubblici e privati. Adesso c’è una “Rete per Belen”. Associazione che lavora per migliorare qualsiasi aspetto della vita degli abitanti, dall’igiene e salute fino all’educazione.
Fino agli anni settanta anche in Italia esistevano i baraccati, ma l’intervento pubblico dette loro case degne con affitti simbolici. Aree di degrado come quelle “care al cinema neorealista” furono smantellate o trasformate in quartieri vivibili.
C’era un poeta statunitense, James Oppenheim che scrisse una poesia divenuta inno sindacale: “il pane e le rose”. I lavoratori in lotta vogliono il pane ma anche le rose. Perché avere la pancia piena non è sufficiente, c’è bisogno del sogno per sperare. C’è bisogno della bellezza e della poesia per costruire l’avvenire
Come in quella Macondo di Cent’anni di Solitudine arrivavano i gitani che col circo portavano le novità dal mondo, in agosto di ogni anno a Belen arrivano i pagliacci a portare bellezza, allegria e rinnovamento.
I gitani del romanzo di Garcia Marquez sembravano figure mitologiche. Forse gli abitanti di Belen vedono nella stessa maniera quei clown di fama che infondono loro positività per due settimane di ogni agosto.
Nella rete per Belen c’è Patch Adams, il clown d’ospedale più famoso al mondo. Con la sua Gesundheit porta in piena amazzonia peruviana decine di giovani clown americani e canadesi. ci sono i Bolaroja, clown di corsia peruviani capitanati dall’attrice Wendy Ramos. Ci sono i “payamedicos” argentini, c’è gente d altri paesi.
con l’acqua che ritirandosi dalle strade di Belen scopre un suolo pieno di spazzatura, lascia un caldo ammorbante, insetti etc..
Il gioco dei pagliacci è cosa seria attraverso il quale si fa educazione per i bambini. I clowns entrano nelle scuole del quartiere, lo fanno da clowns attirando l’attenzione di tutti. Organizzano laboratori creativi di pupazzi in carta riciclata, di tamburi, con gli alunni dipingono murales.
Più esperte in materia le argentine payamedicos gestiscono nel campo da gioco dei corsi di murga. Dei musicisti limeñi, invece, con altri ragazzini scrivono, musicano e provano l’inno di Belen.
Altri clown visitano le istituzioni di appoggio sociale sparse per Iquitos.
Parallelamente alla festa ci sono i corsi di prevenzione medica, di educazione alimentare, di buon vivere familiare. Workshop sui diritti della donna e del bambino, aggiornamenti di economia domestica.
i Clowns sono una sorta di attrattiva, il resto lo fa del personale specializzato, spesso locale
Il giorno di chiusura è il culmine del Festival di Belen. Se l’inizio era una sfilata di soli pagliacci, lungo le vie di Belen, l’ultimo giorno sfilano anche bambini e gente comune.
I bambini son protagonisti del palcoscenico che da due settimane sta nel grande prato fra il quartiere e la foresta. Ci sono spettacoli comici, si canta l’inno costruito coi musicisti professionisti vestiti da clown.
La gente de Belen abbraccia questi “loquitos” (scemarelli in senso buono) che arrivano da ogni parte del globo portando una ventata di leggerezza. Sulla fine del festival gli abbracci si moltiplicano, con un po’ di tristezza. Ci sarà da aspettare un’altro anno perché quei moderni clown che passavano da Macondo faccian ritorno a Belen, dove hanno lasciato traccia, sulla strada del cambiamento verso un viver più dignitoso e sano, in altre parole un cambiamento sociale.