Festival di Belen

Festival di Belen

Nella Venezia amazzonica, in Peru, un coloratissimo festival a taglio sociale, fatto dai clown di Patch Adams, clowns peruviani  e di altri paesi

Festival di Belen
I clowns del festival si stanno dirigendo verso Belen./ @ Federico Tovoli Photojournalist

A Belen nacque Gesù Cristo e dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano è zona di conflitto, fra Israele e Palestina.

Belen significa  Betlemme in spagnolo ed è  toponimo molto comune nel mondo ispanofono. In Peru la più famosa Belen è nell’area urbana di Iquitos, regione di Loreto, amazzonia settentrionale.

La si conosce anche come la Venezia dell’Amazzonia, Un modo   romantico e turistico per dire  zona “inundable”, soggetta ad allagamenti. 

Praticamente durante la  stagione delle piogge ci sono tre metri d’acqua. Quelle povere case se non sono su palafitte, galleggiano grazie ad un sistema di gavitelli ed ancoraggi.

E’ un posto  pericoloso, meglio non recarcisi.

ma se lo si deve fare “hay que tener mucho cuidado”, dicono tutti ad iIuitos, c’è da fare molta attenzione. Sarebbe: non portare bracciali o altre cose di valore, nascondere lo smartphone etc..

Se lo si fa in stagione delle piogge è più sicura. Si può infatti non sbarcare e girare le vie d’acqua con barche turistiche.

I dati sulla popolazione residente a Belen sono allarmanti.

C’è un alto tasso di prostituzione infantile, una delinquenza generalizzata, ricettazione, droga,  tutto il peggio dell’illegalità cittadina sta li. Inoltre servizi igienici assenti, mancanza di acqua pulita, corrente e potabile. Malattie che proliferano.

Belen esiste dagli inizi del novecento ma solo dagli anni novanta si sono moltiplicati gli interventi pubblici e privati. Adesso c’è una “Rete per Belen”. Associazione che lavora per migliorare qualsiasi aspetto della vita degli abitanti, dall’igiene e salute fino all’educazione. 

Mancano nell’intero paese delle politiche abitative simili cosa fu fatto con le case popolari nostrali. 

Fino agli anni settanta anche in Italia esistevano i baraccati, ma l’intervento pubblico dette loro case degne con affitti simbolici. Aree di degrado come quelle “care al cinema neorealista” furono smantellate o trasformate in quartieri vivibili.

In un Perù che ha fatto grandi passi verso il progresso nessuno ancora pensa che la soluzione simile, ne’ per Belen ne’  per le tante “favelas” intorno a LIma. Si cura l’evidenza ma non il problema alla radice

C’era un poeta statunitense, James Oppenheim che scrisse una poesia divenuta inno sindacale: “il pane e le rose”. I lavoratori in lotta vogliono il pane ma anche le rose. Perché avere la pancia piena non è sufficiente, c’è bisogno del sogno per sperare. C’è bisogno della bellezza e della poesia per costruire l’avvenire

E’ all’incirca  la filosofia del Festival di Belen, evento iniziato nel 2006 e  adesso  esteso a molte altre realtà sociali della città di Iquitos. 

Come in quella Macondo di Cent’anni di Solitudine arrivavano i gitani che col circo portavano le novità dal mondo, in agosto di ogni anno a Belen arrivano i pagliacci a portare bellezza, allegria e rinnovamento.

I gitani del romanzo di Garcia Marquez sembravano figure mitologiche. Forse gli abitanti di Belen vedono nella stessa maniera quei  clown di fama che infondono loro positività per due settimane di ogni agosto. 

Nella rete per Belen c’è Patch Adams, il clown d’ospedale più famoso al mondo. Con la sua Gesundheit porta in piena amazzonia peruviana decine di giovani clown americani e canadesi. ci sono i Bolaroja, clown di corsia peruviani capitanati dall’attrice Wendy Ramos. Ci sono i “payamedicos” argentini, c’è gente d altri paesi. 

C’è  insomma una truppa di un centinaio di clown a Belen quand’è stagione vacanziera in metà dell’emisfero boreale e stagione secca in Amazzonia

con l’acqua che ritirandosi dalle strade di Belen scopre un suolo pieno di spazzatura, lascia un caldo ammorbante, insetti  etc..

Due settimane di sfilate, musica e festa, una mano di color fantasia sul tono caldo dell’Amazzonia. Un’onda leggera in quartiere pesante, una grande interazione con la popolazione.
Festival di Belen
Le ragazze argentine insegnano come si fa una murga ai ragazzini di Belen / @ Federico Tovoli Photojournalist

Il gioco dei pagliacci è cosa seria attraverso il quale si fa educazione per i bambini. I clowns entrano nelle scuole del quartiere, lo fanno da clowns attirando l’attenzione di tutti. Organizzano laboratori creativi di pupazzi in carta riciclata, di tamburi, con gli alunni dipingono murales. 

Più esperte in materia le argentine payamedicos gestiscono nel campo da gioco dei corsi di murga. Dei musicisti limeñi, invece,  con altri ragazzini scrivono, musicano e provano l’inno di Belen.

L’arte esce dagli  spazi scolastici ed arriva davanti alle case di legno povero di cui è fatta tutta Belen, clown e residenti dipingono le facciate a colori vivaci e disegni di fantasia. 

Altri clown visitano le istituzioni di appoggio sociale sparse per Iquitos.

La follia sana del pagliaccio arriva nei manicomi di una nazione dove ancora il malato di mente si rinchiude per sempre lontano da tutti e da tutto.

Parallelamente alla festa ci sono i corsi di prevenzione medica, di educazione alimentare, di buon vivere familiare. Workshop sui diritti della donna e del bambino, aggiornamenti di economia domestica.

i Clowns sono una sorta di attrattiva, il resto lo fa del personale specializzato, spesso locale

Il festival è un gran pretesto per educare, per lasciar qualcosa che pur non essendo molto è  un passo avanti verso il cambiamento e l’inclusione. 

Il giorno di chiusura è il culmine del Festival di Belen. Se l’inizio era una sfilata di soli pagliacci, lungo le vie di Belen, l’ultimo  giorno sfilano anche bambini e gente comune.

Tutto quel che i laboratori hanno prodotto lo si vede portato in corteo.

I bambini son protagonisti del palcoscenico che da due settimane sta nel grande prato fra il quartiere e la foresta. Ci sono spettacoli comici, si canta l’inno costruito coi musicisti professionisti vestiti da clown. 

Festival di Belen
Bambini di Belen durante il festival. / @ Federico Tovoli Photojournalist
Dall’inizio del festival salta all’occhio un gesto molto forte e significativo, l’abbraccio 

La gente de Belen abbraccia questi  “loquitos” (scemarelli in senso buono)  che arrivano da ogni parte del globo portando una ventata di leggerezza. Sulla fine del festival gli abbracci si moltiplicano, con un po’ di tristezza. Ci sarà da aspettare un’altro anno perché quei moderni clown che passavano da Macondo faccian ritorno a Belen, dove hanno lasciato traccia, sulla strada  del cambiamento verso un viver più dignitoso e sano, in altre parole un cambiamento sociale. 

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Momento di tenerezza fra una clown “bolaroja” clown ed una anziana abitante di Belen. / @ Federico Tovoli Photojournalist

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