Dentro la storia

Dentro la storia

Fare storytelling sociale implica un forte coinvolgimento personale il cui scopo è la narrazione della storia. Attraverso immagini che facciano dire “wow”.

Il fotoreportage sociale è un genere tanto ambito dai fotografi impegnati, quasi una sorta di missione da compiere.

Il dibattito è aperto circa il potere della fotografia di cambiare il mondo. 

La famosa campagna della F.S.A degli anni trenta americani ed anche il film Furore evidenziarono la condizione tragica dei contadini americani durante la grande depressione. Una delle immagini, The migrant mother , di Dorothea Lange è divenuta l’emblema della grande depressione stessa.

Come lo studente che blocca i carri armati a piazza Tienammen. Un’immagine simbolo che tutti ricordano.

Vedono, ricordano, pensano, forse agiscono. Probabilmente la funzione della fotografia sociale continua ad essere importante e dunque ben venga chi se ne occupa. Illustrare problemi o storie di risoluzione degli stessi è arduo poiché, purtroppo il pubblico è overdosato di immagini e notizie. 

Il tema di questo post però non è una disquisizione sull’importanza dello storytelling sociale

E’ invece stare dentro la storia per ottenere quelle belle immagini che ordinate in una sequenza di senso compiuto, l’editing, possano far dire “wow”. Sia esso il destinatario uno svogliato photo editor o uno spettatore di mostre e festivals specifici.

Do per scontato che un fotografo che si dedica a questo tipo di storytelling, al documentario sociale abbia la totale padronanza della tecnica fotografica

Sarà più raro ritrovarsi con la luce giusta  e lo spazio adeguato che non seguire accadimenti in spazi ristretti, sotto luci orribili.

Il buon fotoreporter deve saper portare a casa le belle foto da ogni situazione

Personalmente in ogni shooting che faccio scatto molto, guardo e scatto, converso e scatto. Ripongo le fotocamere solo quando son certo che è finito tutto e me ne posso andare, fino ad allora la famosa foto con la effe maiuscola potrebbe passarmi davanti. 

Però penso che la riuscita della bella immagine sia favorita da uno stato mentale che tutti dovrebbero avere. Dimenticarsi la timidezza e spegnere lo smartphone, viversi la storia e interpretarla attraverso il proprio occhio di fotografo.

Stando a quella giusta distanza che rende partecipi ma coinvolti quanto basta

perché il compito principale è di raccontare la storia, non di scendere in piazza coi protagonisti, anzi,

il modo di scendere in piazza coi protagonisti è portare attraverso le immagini la loro storia ad un pubblico esteso. 

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